Effetti tardivi e a lungo termine delle terapie per sconfiggere il cancro
Negli ultimi trent’anni la polichemioterapia (cioè la chemioterapia che utilizza diversi farmaci insieme), i nuovi anticorpi monoclonali e la radioterapia hanno permesso in molte patologie oncologiche e onco-ematologiche di ottenere risultati eccellenti con tassi di risposta e guarigione molto elevati.
Purtroppo, però, tali terapie per sconfiggere il cancro non sono esenti da tossicità, sia nell’immediato che nel lungo periodo.
Le tossicità, che possono manifestarsi anche a distanza di molti anni, vengono definite tardive, in inglese: “late effects”. Quelle che si manifestano già durante la terapia per sconfiggere il cancro e poi rimangono presenti (i.e. sterilità, neuropatie) sono definite effetti a lungo termine, in inglese: “long term effects”.
Non bisogna spaventarsi, comunque; per fortuna, gli oncologi e gli altri specialisti coinvolti nella cura del cancro conoscono molto bene queste problematiche, e già durante la terapia i medici che ti seguono pongono in essere le precauzioni ed attenzioni volte a minimizzare il rischio di sviluppare effetti a lungo termine, ad esempio attraverso l’eventuale modulazione e riduzione dei dosaggi dei farmaci.
Per quanto riguarda gli effetti tardivi, invece, già dagli anni ’70 è stato osservato che i pazienti precedentemente trattati per malattie oncologiche (il Linfoma di Hodgkin in particolare) erano a rischio di sviluppare in seguito una seconda neoplasia.
Le seconde neoplasie possono essere suddivise in:
- Leucemie: potrebbero comparire soprattutto nella prima decade dopo il trattamento e sembrano essere correlate all’utilizzo di agenti alchilanti 1,2.
- Linfoma Non Hodgkin: è stato osservato un aumentato rischio di sviluppare un Linfoma non Hodgkin dopo il trattamento di un Linfoma di Hodgkin 3,4,5 , che potrebbe essere correlato allo stato immunosoppressivo tipico di questi pazienti.
- Tumori solidi: sono il sottogruppo di seconde neoplasie più rappresentate (75-80%), potrebbero comparire dopo una lunga latenza, circa 10 anni dopo il trattamento.6
Il rischio persiste oltre i 30 anni dopo l’iniziale diagnosi e i più comuni tumori solidi che si potrebbero sviluppare sono quello al seno, al polmone e all’apparato gastrointestinale.
Altri fattori influenzano il rischio di tumori solidi in seguito a un trattamento per sconfiggere il cancro:
- La giovane età e l’irradiazione a mantellina sono associate con un aumentato rischio di tumore del seno;
- L’esposizione ormonale gioca un ruolo importante nello sviluppo del tumore del seno;
- Il trattamento con alchilanti e l’irradiazione pelvica provocano entrambi una menopausa precoce e risultano essere fattori protettivi contro il tumore del seno
- Il fumo di tabacco è risultato essere un fattore di rischio molto importante per il tumore del polmone7.
Altre complicanze tardive (late effects) non neoplastiche potrebbero essere:
Complicanze vascolari non coronariche
Esiste un rischio di malattia vascolare non coronarica come complicanza tardiva dopo una chemioterapia per Linfoma di Hodgkin8, per cui è molto importante un’alimentazione attenta alla riduzione dei grassi e una regolare attività sportiva sia durante (ove possibile e consigliato dal medico) che dopo il trattamento per sconfiggere il cancro.
Disfunzioni tiroidee
La più comune disfunzione tiroidea a seguito di una radioterapia è l’ipotiroidismo.
Il rischio di disfunzione tiroidea post radioterapia è correlato alla quantità di radiazioni utilizzate, pertanto i pazienti che sono stati sottoposti a radioterapia nella regione del collo devono essere sottoposti a un monitoraggio della funzione tiroidea negli anni successivi alla terapia.9,10,11
Cardiotossicità
Le antracicline rappresentano una classe di agenti citotossici, efficaci nel trattamento di un ampio spettro di neoplasie, sia solide che ematologiche il cui impiego, però, è limitato dalla possibile comparsa di effetti tossici a livello cardiaco che possono manifestarsi sia in forma acuta, che tardiva.12,13,14
Tale problematica assume particolare importanza in età pediatrica, se si considera che un numero sempre più elevato di bambini guarisce e quindi sopravvive molto tempo dopo una neoplasia contratta durante l’infanzia o l’adolescenza.15,16
Diversi studi sottolineano l’importanza di seguire i pazienti trattati con antracicline per molti anni, considerato che anomalie lievi possono progredire nel tempo fino a determinare quadri clinici conclamati di insufficienza cardiaca congestizia.17 La possibilità che compaia cardiotossicità da antracicline varia in rapporto alla presenza o meno di alcuni fattori di rischio associati, quali la dose cumulativa del farmaco, l’età, il sesso femminile, una preesistente cardiopatia, una ipertensione arteriosa non trattata, l’associazione con altri farmaci antiblastici (in grado di rallentare la proliferazione cellulare), una concomitante o precedente terapia radiante mediastinica.18
A causa della grande variabilità individuale nell’inizio e nella progressione di queste problematiche cardiache correlate alle antracicline, assume fondamentale riconoscere in maniera tempestiva gli eventuali disturbi, in modo che sia ancora possibile ottenere un completo recupero funzionale con la sospensione del chemioterapico.
Recentemente sono stati studiati diversi metodi per tentare di limitare la comparsa di cardiotossicità:
- Diminuzione della concentrazione dei farmaci e dei loro metaboliti a livello del cuore;
- Sviluppo di nuovi farmaci meno tossici;
- Uso di agenti cardioprotettivi come la vitamina E (antiossidante), il ICRF-187 (agente chelante il ferro), il coenzima Q, i calcio-antagonisti, la digitale;
- Modalità alternative di somministrazione che mantengano bassa la concentrazione di farmaco nel sangue, pur consentendo un’elevata attività antitumorale.19
L’intento di questo articolo, ovviamente, non è di demonizzare la terapia grazie alla quale si sono ottenuti risultati straordinari in termine di cura e di possibilità di sconfiggere il cancro, ma di sensibilizzare a un attento controllo delle proprie condizioni di salute, agendo sul proprio stile di vita e dialogando costantemente con il proprio medico di fiducia per individuare tempestivamente eventuali problematiche, abitudine che comunque andrebbe consigliata a tutte le persone, indipendentemente dall’avere eseguito o meno trattamenti chemio-radioterapici.
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